IL SONDAGGIO: - Carbone come combustibile?

giovedì 19 dicembre 2013

PER UN ALTO ADRIATICO LIBERO DAL CARBONE sala ANPI Monfalcone SABATO 7 DICEMBRE 2013


Si è svolta sabato 7 dicembre  l'iniziativa promossa dal COMITATO NO CARBONE ISONTINO dal titolo “Per un Alto Adriatico Libero dal Carbone”, che si proponeva di mettere a confronto tre esperienze di lotta contro progetti di ampliamento o ristruturazione di centrali a carbone.
Oltre al Comitato Rione ENEL di Monfalcone, rappresentato dalla sua storica esponente Antonella Paoletti, sono intervenuti Dusana Radojcic di Zelena Istra – Istria Verde e Giorgio Crepaldi del Comitato “cittadini liberi – Porto Tolle”, moderati da Dario Antonaz del Comitato No Carbone Isontino.

Proprio Antonaz ha ricordato il ruolo di questo Comitato spontaneo di cittadini, che si propone di promuovere l'informazione sui danni sanitari del carbone, di pressare le istituzioni pubbliche per chiedere il rispetto delle leggi e la trasparenza sui dati. Studi basati sui bioindicatori hanno messo in evidenza come Muggia e Monfalcone risultino le aree più inquinate in Regione e il nesso con impianti industriali quali la Ferriera di Servola e la centrale a carbone del Lisert sono quantomeno probabili, visto che altri fattori come l'inquinamento da traffico sono riscontrabili anche in altre realtà. I dati sull'incidenza di tumori......
ai polmoni a Monfalcone sono oltre la norma e molto preoccupanti e il ricatto salute contro lavoro va respinto, se non altro perchè l'Unione Europea vuole percorrere la strada della decarbonizzazione e quindi un investimento su questo combustibile oggi non garantisce da una sua messa fuori legge nei prossimi anni.
Antonella Paoletti ha ripercorso la lunga vita del Comitato Rione ENEL, costituito da cittadini che si sono insediati nella zona negli anni '50, prima della centrale e se la sono vista crescere accanto senza nemmeno sapere di cosa si trattasse. Dal 1965 inizia un incubo fatto di rumori assordanti degli sfiati che duravano ininterrottamente per giorni, piogge di ceneri, anche infuocate, vibrazioni fortissime, polvere nera fin dentro le abitazioni. Subito iniziano le petizioni alle autorità, che rimangono inascoltate. Solo nel 1985, dopo l'entrata in funzione di due nuovi gruppi e la nascita del camino tutt'oggi esistente, si costituisce il Comitato Rione Enel, che promuove un primo esposto alla Procura della Repubblica contro l'Enel. Nel 1988 ottengono l'installazione delle centraline, gestite però dalla stessa Enel, e indagini sui rumori (manca però ancora una legge in materia di inquinamento acustico) e solo nel 1991 la chiusura del nastro trasportatore, che trasferiva il carbone dalla banchina alla centrale.  Al 1999 risalgono le barriere anti-rumore per le case più vicine alla centrale, che tuttavia aumentano il disagio per quelle più distanti. Vari monitoraggi delle polveri e dell'aria sono stati fatti nel 1988 e nel 1999, dopo episodi di piogge di ceneri, ma i risultati non venivano mai resi pubblici. Dopo la privatizzazione e il passaggio alla società spagnola Endesa, una legge dello Stato imponeva la conversione di mezza centrale a gas, e il progetto del metanodotto ottenne tutti i pareri necessari, ma questo obbligo venne respinto dai nuovi proprietari a causa del costo troppo alto del metano.  Dopo 30 anni ci si ritrova al punto di partenza, con due vecchissimi gruppi a carbone, ai quali si dovrà applicare un nuovo impianto per abbattere i pericolosi ossidi di azoto e un progetto per due nuovi gruppi a carbone, annunciato da quasi un anno e non ancora presentato, che vorrebbe dire perpetrare questo incubo per altri 40 anni, con conseguenze inimmaginabli per la salute della popolazione e la qualità della vita degli abitanti di Monfalcone e dei territori circostanti (non certo solo del Rione ENEL).
Non dissimile l'esperienza dell'ambientalista croata Dusica Radojcic, impegnata con la sua associazione Zelena Istra-Istria Verde a contrastare il raddoppio della centrale di Plomin-Fianona, sorto negli anni '70 con una potenza di 125 Megawatt, ai quali se ne sono aggiunti altri 210 MW con un secondo blocco. Oggi è in discussione il terzo blocco da 500 MW. Progetto avversato non solo dalle popolazione ma anche dalla Regione Istriana e sostenuto invece dal governo di Zagabria. Una causa avviata nel 1996 per la presenza di fanghi radioattivi scaricati nella baia si è protratta per 10 anni, finendo in un nulla di fatto a causa dei costi legali insostenibili, ma intanto la popolazione ha preso coscienza del problema e si è mobilitata. Il Piano territoriale regionale dell'Istria impone la conversione a gas del primo gruppo, che dovrebbe finire l'attività nel 2015, ma Governo ed HEP, proprietaria dell'impianto, vogliono invece continuare a bruciare carbone. A fianco dei cittadini sono scesi in campo Azione Verde, maggiore associazione ambientalsita croata e Greenpeace. Un ricorso alla Corte costituzionale per difendere quanto prescritto dal Piano regionale è stato avviato e si attende il verdetto tra qualche settimana, ma in caso di esito negativo il prossimo passo sarà la Corte di Giustizia Europea. Un rapporto dell'Agenzia per l'Ambiente Europea ha stimato in 17 morti all'anno l'impatto della centrale di Fianona, quindi circa 600 morti in 40 anni di attività, 3.709 ore di lavoro perduto all'anno per malattia e costi esterni (sociali e ambientali) per 124 milioni di euro. Erano stati annunciati 17 possibili investitori per il nuovo gruppo della centrale, ma la mobilitazione popolare ed i ricorsi hanno fatto recedere una dopo l'altra le società, e ad oggi l'unica interessata a bruciare carbone a Fianona sembra essere rimasta l'italiana Edison.
Polesine-Camerini è un minuscolo paese alle foci del Po, inserito dal 1997 in un Parco regionale e qui si trova la mega-centrale ENEL di Porto Tolle. La legge istitutiva del Parco ne impone la conversione a gas o combustibile meno impattante, ma tale legge è stata prima disattesa e poi cambiata dalla Regione Veneto. Un esposto partito nel 2002 dopo una fumata nera con ricaduta di ceneri su case e campi coltivati ha avviato un procedimento giudiziario che nel 2005-2006 ha portato a un processo, conclusosi con delle condanne in primo grado. L'impatto della centrale si estende su un raggio di 48 chilometri e penalizza l'agricoltura (presenza di arsenico, cromo e nichel nei terreni), la mitilicoltura (mercurio nel mare) e il turismo, provocando oltre ai danni alla salute degli abitanti anche gravi danni economici al territorio. E' stato anche costruito a 12 km dalla costa un rigassificatore off-shore metano, da 8 miliardi di m3 l'anno, che avrebbe potuto e dovuto far convertire a gas la centrale. Invece la centrale ENEL ha continuato a bruciare carbone e ora vorrebbe ristrutturare e rimettere in funzione gli impianti, attualmente fermi per obsolescenza. Tra leggi ad hoc (una delle quali bloccata in prima battuta dal presidente Napolitano), ricorsi al TAR, al Consiglio di Stato, blitz di Grrenpeace, si attende a giorni il verdetto della Corte di Cassazione.

Molto vivace e partecipato il dibattito: l'industriale monfalconese Alessandro Vescovini sostiene che il “mostro” - come definisce la centrale, in quanto uccide la gente – va abbattutto economicamente. Il futuro non è più nelle mega-centrali, secondo Vescovini, ma nella microproduzione diffusa, ad esempio con le celle combustibili a gas, a basso costo e con rendimenti fino al 98%, utilizzabili nelle industrie ma anche nelle abitazioni private. Sulla stessa linea lo studioso di materie energetiche Dario Bazzarini, secondo il quale serve un progetto culturale e antropologico per cambiare il nostro approccio all'energia, non un piano di 20 anni come sta facendo l'Italia, ma una visione a 100 anni, per superare lo status quo concentrandosi sulle fonti rinnovabili. Sabina Cauci, epidemiologa dell'Università di Udine, ha elaborato una proposta di studio sulla presenza di tumori sulle donne, che nonostante i costi assai modesti non ha finora trovato una fonte certa di finanziamento.La dottoressa Cauci ha anche messo in guardia sull'impatto sanitario degli ossidi di azoto, per i quali i limiti europei sarebbero troppo permissivi rispetto alla pericolosità di questo inquinante. Il presidente del Comitato Rione ENEL Bernardel si è chiesto se la centrale serve ancora, dato che in Italia risulta una potenza installata doppia rispetto ai picchi massimi di consumi e a Torviscosa c'è una centrale a turbo gas da 800 MW che lavora a ritmi riddottissimi a causa del costo del metanoEmiliano Zotti ha criticato l'ipotesi di un rigassificatore a Monfalcone, che comunque non sarebbe legato alla centrale; sono interventuti i consiglieri comunali di Ronchi Luigi Bon (sull'esigenza di portare il problema a un livello più alto e non solo Monfalconese) e di Staranzano Andrea Corà (che chiede un ripensamento generale del futuro del nostro territorio in un'ottica – prima di tutto - di tutela dalla salute).

Le conclusioni sono state affidate a Claudio Siniscalchi, presidente del WWF Isontino, che ha ribadito l'importanza della pianificazione nazionale e regionale per comprendere l'effettivo fabbisogno di energia e decidere i modi più corretti di produzione, l'utilità delle indagini epidemiologiche per comprendere l'impatto dell'inquinamento sulla salute delle popolazione (ed i costi per la collettività), l'utilità del mantenere una pressione sull'opinione pubblica e sugli amministratori, per ottenere in futuro scelte rispettose della salute dei cittadini.

Nessun commento:

Posta un commento